Fast fashion: come abbandonarlo in 5 passi

Mi piacerebbe scrivere che ho iniziato a interessarmi di moda sostenibile perché ho sentito forte l’impulso sociale e l’esigenza di fare delle scelte etiche. Ma direi una bugia. Certamente oggi è così, ma ai nastri di partenza la mia motivazione è stata un po’ meno romantica anche se molto legittima.

Tutto è nato quando sono stata colpita, a 50 anni suonati, da una irrefrenabile e inaspettata passione per la moda che mi ha portata ad avere comportamenti inconsapevoli e bizzarri all’interno degli stores del cosiddetto fast fashion, per intenderci quelli che quando entri ti fanno perdere le coordinate spazio-temporali e anche il buon senso.

La cosa più incredibile è stata che una volta rientrata a casa, e nelle mie normali facoltà sensoriali, alcuni dei capi acquistati in modalità ipnosi, rivelando la scarsa qualità dei tessuti e la serialità del confezionamento, finivano dritti nell’angolo dell’armadio destinato al decluttering senza passare nemmeno una volta dall’indosso.

Dopo quattro volte in cui ho replicato questa pratica assurda ho capito che dovevo darmi una regolata e mi sono chiesta, come posso abbandonare il fast fashion? So che per agire ho bisogno di conoscenza, così sono passata al contrattacco iniziando a informarmi e la passione per la moda mi ha catapultata in un mondo di comportamenti, scelte e valori nuovi.

Innanzitutto occorre chiarire che non tutto il fast fashion è usa e getta, ci sono articoli che riescono anche a durare nel tempo ma il vero problema riguarda la natura stessa di questo sistema che basandosi sulla velocità e sul basso costo sia di acquisto che di produzione non può certo essere attento alla scelta dei tessuti, dei coloranti e delle sostanze chimiche di minor impatto ambientale perché costano troppo, così come non potrà essere tanto filantropo per quanto riguarda il salario dei lavoratori e le condizioni in cui essi operano.

D’altro canto il fast fashion ha dato anche una spinta democratica alla moda proponendo capi di tendenza simili a quelli delle griffes più famose al prezzo di un panino con birra accessibili a tutti.

Ma chi compra questi brand non lo fa sempre per un motivo economico, spesso chi li sceglie ama cambiare il proprio guardaroba e sperimentare gli stili diversi che le collezioni impongono velocemente rendendo vecchio quello che si è comprato pochi mesi prima. Esattamente come accade per i PC e gli smartphone. Tutto ciò che è istantaneo e veloce stimola e influenza altrettanta velocità in un loop senza fine e senza coscienza.

Alzi la mano chi, entrando in una di queste grandi catene, non si è lasciata avviluppare almeno una volta dall’esuberanza di outfit pazzeschi già abbinati e pronti per l’uso? Chi non si è fatta mai prendere la mano dalla frenesia dello shopping ingordo, acquistando articoli un po’ a caso, di corsa e magari senza provarli?

In queste grandi catene di marchi internazionali come Zara (pioniera di questa nuova idea di moda), Benetton, H&M, Topshop per citarne solo alcuni, è facile che accada, non per nulla si chiama fast fashion e il suo principale obiettivo è stimolare l’acquisto compulsivo.

L’industria tessile e della moda è sul podio delle industrie più inquinanti del mondo insieme a quella dei combustibili fossili e dei generi alimentari. E’ uno dei tanti macro problemi della nostra epoca, di cui in realtà si è iniziato a parlare già nei primi anni Novanta a proposito delle condizioni di sfruttamento dei lavoratori di alcuni importanti brand di moda.

Da allora non abbiamo fatto molta strada se pensiamo che è solo da una decina di anni che si parla più sul serio di approcci produttivi economici ed etici, che presto dovranno diventare scelte obbligate per ogni azienda e multinazionale che voglia rimanere sul mercato. Si stima infatti che nei prossimi cinque anni la sostenibilità diventerà un fattore determinante nelle scelte d’acquisto e che la media dei prodotti sostenibili presenti nei grandi magazzini passerà dal 23% di oggi al 42% (fonte: audaces.com).

In che modo ognuna di noi può dare il proprio contributo? Basta accendere la curiosità e informarsi per capire cosa sta dietro le realtà che ci stanno intorno. Sono queste piccole azioni il vero movente che ci aiuta a prendere posizione e compiere scelte responsabili in cui credere davvero e portare avanti nel nostro quotidiano.

I millennials e i ragazzi della Generazione Z lo hanno già fatto, dichiarando di aver abbandonato qualche marchio per ragioni etico-sociali, ambientali o legate alla difesa degli animali. E noi, baby boomers e figli della Generazione X, da quale parte decidiamo di stare?

Quando si parla invece di moda etica, shopping sostenibile, moda sostenibile ed eco-fashion s’intende un modello produttivo opposto definito slow fashion, che promuove la cultura dell’acquisto e del consumo consapevole attraverso comportamenti e produzioni attenti all’ambiente e al sociale senza per questo rinunciare al lato emozionale della moda.

Si parla anche di economia circolare applicata alla moda perché questo tipo di produzione punta a prolungare la vita dei prodotti, a ridurre i consumi energetici e l’invenduto, a ottimizzare le materie prime e gli scarti e a riciclare i tessuti dei capi dismessi. Tutto resta all’interno di un cerchio e non sono previste uscite se non per esaurimento naturale.

Per entrare nella logica della moda circolare e sostenibile e iniziare ad abbandonare il fast fashion non c’è bisogno di stravolgere la propria vita, vestirsi solo di bamboo, oppure sbarazzarsi di tutti i propri abiti perché ci si sente in colpa, basta fare piccoli passi nella direzione giusta.

Io ho iniziato con questi, i più basici.

1 - informati

Trova fonti affidabili di settore per approfondire l’argomento della moda sostenibile, del fast fashion e dello slow fashion, e resta aggiornata. Impara a conoscere i processi produttivi dei brand che ami. Leggi le etichette degli abiti e inizia ad evitare quelli che sono prodotti in paesi molto lontani (trasporto e logistica costano e inquinano) o dove non esiste un’etica del lavoro o una particolare attenzione verso la difesa dell’ambiente e degli animali. Scopri nuovi brand eco-friendly.

2 - apri l’armadio

Prima di comprare qualcosa di nuovo apri il tuo armadio e fai decluttering in poche e semplici mosse, vedrai che diventerà un’abitudine di cui non potrai più fare a meno. Fai l’inventario di tutto quello che metti con passione e frequenza. Elimina quello che non metti più da almeno un anno, o nel quale non ti senti a tuo agio, o che è un clone di qualcos’altro.

Per ogni capo che entra nell’armadio fanne uscire uno in modo da evitare di accumulare e vanificare il lavoro fatto in precedenza. Ricordati di tenere in ordine l’armadio perché ciò che non vedi non esiste, quindi non lo metterai e andrà a fare cumulo. Inizia a eliminare poco per volta i capi di bassa qualità, è un modo per mettere in azione la tua nuova dichiarazione d’intenti “compro meno e di qualità”.

3 - compra meglio e trattalo bene

Evita l’acquisto d’impulso tipico del fast fashion cercando di ritagliare un momento preciso per comprare e quando lo fai dedica tutte le tue energie solo a questo. Lo shopping deve essere una pratica rilassante, programmata, lenta, creativa, etica e utile.

Devi tornare a casa con un articolo che non hai, che ti serve e che non vedi l’ora di mettere, non deve finire nei meandri del tuo armadio con tanto di cartellino attaccato. Ricorda il vecchio adagio “chi più spende meno spende” e opta per la qualità dei tessuti non solo perché durano di più ma anche perché indossandoli ti sentirai unica.

Inizia a trattare bene i tuoi capi con una buona manutenzione, cosa a cui personalmente negli ultimi anni ho dato meno importanza rispetto a un tempo. Rispolvera i “metodi della nonna” per trattare e lavare i filati di qualità e i capi delicati, cerca i detersivi più adeguati e possibilmente ecologici che mirano a far durare di più i tuoi vestiti. La campagna di Coccolino in questo periodo sta puntando su questa filosofia, a conferma della tendenza a invertire l’abitudine dell’”usa e getta”.

4 - upcycling o riciclo creativo

Riutilizza creativamente i vestiti del tuo armadio trovando nuovi abbinamenti per indossarli, cerca ispirazione su Instagram e su Pinterest. Alla fine chi ama la moda vuole apparire speciale non tanto per quello che indossa ma per come lo indossa.

Oppure rispolvera quelli di qualche parente affidandoti a sarte e calzolai per riparare, rammendare e apportare modifiche. Io l’ho appena fatto con una giacca in stile Chanel che mia madre ha cucito per se stessa vent’anni fa, color verde penicillina come la tendenza di questa primavera-estate 2022. L’ho resa più attuale con qualche piccolo aggiustamento sulle maniche, per il resto è perfetta e il tessuto ha una qualità superiore rispetto alle giacche simili che ho visto in questi giorni nei negozi. Eccola nella foto.

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La buona abitudine di riciclare gli abiti di famiglia sta interessando anche le celebrità che hanno iniziato a sfoggiarli non per andare a fare la spesa bensì nelle occasioni ufficiali. E’ il caso di Angelina Jolie che ha riadattato i suoi abiti per passarli alle figlie sul red carpet della Festa del Cinema di Roma dell’anno scorso. Anche le influencer fanno spazio nei propri armadi mettendo in vendita sulle piattaforme on line l’enorme quantità di abiti indossati poche volte per lavoro. Se lo fanno loro puoi farlo anche tu.

Quando fai decluttering nel tuo armadio puoi riciclare i vestiti che non vuoi più in diversi modi: vendili nei negozi dell’usato o nelle piattaforme on line; donali a un charity shop, i cui proventi derivati dalla vendita raccoglieranno fondi per l’associazione benefica di riferimento; cerca nella tua città un swap party, evento glamour dove le persone si scambiano oggetti e capi di abbigliamento.

5 - second hand e noleggio

Hai un incontro o un evento importante in cui vuoi fare la differenza anche attraverso la tua immagine? Non comprare un outfit impegnativo che magari non metterai più, o quanto meno non in tempi veloci, prova la strada del noleggio. Puoi affittare abiti, accessori e gioielli firmati per ogni occasione, dalla classica cerimonia, alla festa e alla cena speciale, fino ad arrivare agli abiti da celebrità.

Considera in modo diverso anche i mercatini e i negozi vintage e dell’usato che stanno avendo un momento di nuova popolarità e prova a visitarne qualcuno, rimarrai stupita dalle loro potenzialità!

Gli abiti di seconda mano non sono più quelli di un tempo e aiutano a recuperare la filosofia dell’utilizzo di un capo piuttosto che del suo possesso, tipico del fast fashion. Un concetto di cui si sono fatte ambasciatrici negli ultimi anni diverse stars tra cui Julia Roberts per citarne almeno una, che nel 2001 è salita sul palco per ricevere l’Oscar per la sua interpretazione in Erin Brockovich indossando un abito di seconda mano di Valentino del 1992.

Ah, nel film interpretava la storia vera di un’attivista ambientale… un piccolo contributo per dare il buon esempio e rimanere coerente con i propri valori che tutte noi possiamo replicare nella vita di tutti i giorni.

Se cerchi indirizzi per comprare vestiti sostenibili, usati e vintage, qui trovi i 16 migliori siti e app di moda dove fare shopping sostenibile.

In una società in cui impegnarsi non è più di moda, la moda può diventare il primo impegno per un economia più sostenibile.

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Simona Brancati Green Lifestyle Blogger

Sono Simona Brancati, classe 1968, sono stata trainer di yoga e pilates, ex giornalista e ora blogger per scelta. Mi rivolgo alle donne over-anta e scrivo di lifestyle e sostenibilità. Approfondisco temi sul benessere psico-fisico, la moda e i viaggi in ottica sostenibile, e su tutto quello che può rendere migliori noi stesse e il pianeta in cui viviamo.

https://www.simonabrancati.com/
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